lunedì 8 giugno 2015

L'illusione della separatezza di Simon Van Body

illusione_separatezz
Avete mai detto a qualcuno: consigliami un libro!
Io sì e anche spesso. Il fatto che io abbia blog di libri e altro non significa avere sempre la storia giusta al momento giusto, spesso succede che inizio un libro e lo trascino per mesi rischiando anche di abbandonarlo, altre volte inizio quello giusto e riesco a divorarlo in pochi giorni, nonostante tutti gli impegni della giornata.
Ho una lista di libri che vorrei leggere, ma a volte è difficile trovare in mezzo a questi quello giusto, quindi...quindi chiedi aiuto a chi ne sa più di te. Ti fiondi su Google, su Amazon, entri in libreria, spulci le novità, spulci i libri dei "nomi grossi", autori più piccini...oppure: chiedi a un amico-lettore fidato.
Il modo in cui sono entrata in contatto con L'illusione della separatezza di Simon Van Boy ed. Neri Pozza è proprio questo: un consiglio da un'amica. Un consiglio che definirei prezioso.
Molto probabilmente non mi sarei mai avvicinata di mia spontanea volontà alla lettura di questo libro, troppo spesso mi blocco di fronte alle copertine e in questo caso temevo di avere davanti a me il classico amore tormentato della giovane donna che ha il fidanzato al fronte. La copertina racconta questo e di fatto anche il libro se vogliamo, ma forse anche no.
Raccontare di cosa parla questo libro è complesso, recensirlo ancora di più.
La prima cosa che colpisce in L'illusione della separatezza è la struttura, ogni capitolo un personaggio, nomi diversi, anni diversi, luoghi della terra differenti. Tante piccole perle che vengono date al lettore che all'inizio fatica a capire che cosa deve fare con tutte quelle storie. Le vicende sono molto distanti tra loro, America, Francia, Inghilterra, per metà libro ci troviamo a spasso per il mondo e conosciamo Hugo, Martin, John...ma chi sono? E soprattutto dove vuole andare a finire Van Booy con questa storia?
Ammetto che prima di arrivare a pagina 90 circa mi sono sentita un po' spiazzata, la mia amica-lettrice mi aveva detto che era un libro imperdibile, di estrema bellezza.
Poi mi sono innamorata.
Dei personaggi, della storia e, cercando di capire se avevo capito l'intento di Van Booy, mi sono catapultata nella lettura e nel giro di poche ore l'ho terminato. E quando arrivi alla fine il cerchio si chiude, come in un puzzle ogni tessera ritrova il suo posto e quindi capisci i personaggi principali, quelli intermedi che sono di fatto degli anelli più piccoli...e alla fine ti ritrovi con una vera collana di perle.
Chiudi il libro, anzi no...non lo chiudi perché non puoi! Torni alla prima pagina, a Los Angeles, al 2010 e a Martin dove tutto è cominciato e ti dai della stupida per non esserti abbandonata subito allo splendore di questo libro, rimani attonita perché ti rendi conto di avere in mano qualcosa di unico e poi, nel mio caso, vorresti stringere la mano e ringraziare subito chi te l'ha consigliato. Ma, sempre nel mio caso, la persona in questione abita un po' di km lontano da te e soprattutto è l'una di notte passata e non sta bene scrivere a quell'ora alle persone.
So di non aver raccontato la storia, ma ho paura di svelarvi troppo. Posso solo dirvi che tutto comincia con Martin e da lì in avanti sedetevi comodi al divano con una bella tazza di tè e preparatevi a conoscere molte altre persone, a farle parlare nel loro turno, al momento giusto. Ascoltate i dettagli, memorizzate i nomi e i gesti e lasciatevi sorprendere.
Come recita la frase di Time Out, questo libro ci fa sentire connessi con l'universo.
Ho apprezzato questo libro perché risponde anche a uno dei miei tanti "perché", ossia la collocazione del singolo individuo all'interno della narrazione del mondo, quella storia immensa che è scritta nelle stelle.
Sto diventando poetica, chiedo scusa, ma il libro è poetico.
Non ci credete? Leggetelo e lasciatemi il vostro commento qui sotto! Sono davvero curiosa di conoscerlo!

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