mercoledì 31 ottobre 2012

La stretta del lupo di Francesca Battistella: recensione!

Ho avuto l'onore di leggere La stretta del Lupo di Francesca Battistella in anteprima, perché dovrò presentarlo ad Ameno sabato 10 novembre e credo che resterò affettivamente legata a lui per i vari motivi che troverete qui di seguito.
E' ambientato a Orta, cittadina sull'omonimo lago, che io amo e che trovo sia impossibile non amare, poi a Borgomanero, dove abito io, e in molte altre zone limitrofe come Gattico, Invorio. Un libro quindi "delle mie parti", che però non racconta la normale storia della noiosa provincia piemontese: infatti c'è stato un delitto, Maria Vittoria, una ragazzina, è stata brutalmente uccisa.
Per indagare sul caso viene chiamata Costanza, una profiler, che nonostante la sua giovane età, dimostra di essere molto brillante e intuitiva durante lo svolgimento delle indagini. In corso d'opera poi il delitto poi non sarà più solo uno, ma il killer ucciderà ancora, con le stesse modalità, con la stessa brutalità e freddezza.
Intorno a loro si muovono molti altri personaggi, Alfredo, Maria Teresa, Niki, Alberto, Claudio, Diana, Letizia, Gaudenzio Barberis, Martina, Consolata, Esterina, Gualtiero, Moussa (che personalmente ho adorato!), che ci vengono presentati da Francesca Battistella molto attentamente, ognuno di loro è caratterizzato nei minimi particolari e si muove all'interno del gruppo con una logica ben precisa.
Sembra quasi di assistere ad una partita a scacchi, in cui a una mossa ben precisa di ognuno di essi ne corrisponde sempre una nuova di un altro personaggio, niente è lasciato al caso, tutto alla fine torna, in una perfetta logica che in alcuni punti spaventa anche il lettore (non posso chiarire a fondo questo pensiero, altrimenti vi svelerei una parte di trama, chiedo venia!). 
Scelgo gli scacchi, perché sappiamo bene che i pezzi si muovo sulla scacchiera secondo regole precise, qui ogni personaggio è uno scacco, un individuo a 360° che si muove secondo una sua regola di vita, di pensiero. A volte si sbaglia e si viene "mangiati" dagli altri, altre volte si avanza fino a dare scacco al re e vincere la partita, alcuni ritornano sui loro passi, ma gli obiettivi non cambiano, restano saldi e tornare indietro è solo un modo per ricalcolare e per raggiungere la meta attraverso altri percorsi.
Nonostante il numero considerevole di personaggi presentati, la struttura della storia regge perfettamente fino alla fine, Francesca dimostra di essere molto brava a gestire tutti questi individui, restituendo al lettore la loro psicologia con grande naturalezza.
Tutti questi personaggi aiutano a costruire un contesto preciso, ricostruiscono la vita di Orta, le sue manifestazioni durante il periodo estivo, portano il lettore in cammino attraverso le viuzze intricate della piccola cittadina, regalandogli una cartolina letteraria.
Sarebbe divertente fare un tour sulle orme di questo libro, per vedere dal vivo i luoghi nominati e descritti da Francesca, luoghi che troppo spesso ci dimentichiamo di avere qui a due passi, luoghi che bisogna visitare almeno una volta nella vita.
La stretta del lupo è un libro che lascia con il fiato sospeso fino alle ultime pagine, è inevitabile iniziare ad ipotizzare il nome dell'assassino, stilare una prima lista di sospettati con i vari moventi, ogni lettore diventa a suo modo un investigatore e cerca di scoprire chi è stato a uccidere Maria Vittoria. 
Un libro che apprezzerete moltissimo e che divorerete in pochissimo tempo, arriverete a un punto in cui sarà impossibile staccarvi e allora la vostra unica priorità sarà scoprire attentamente il nome dell'assassino.

Penso che dopo la presentazione ad Ameno scriverò un ulteriore post per chiarire un po' gli intenti della scrittrice e magari qualche curiosità. 
Alla prossima!

P.S. Uno scatto (fatto da me in un pomeriggio nuvoloso) dal Sacro Monte di Orta. 


VOTO: 



Presentazione: La stretta del lupo di Francesca Bettistella

Oggi post-stacchetto pubblicitario:

siete tutti invitati ad Ameno 
sabato 10 novembre
alle ore 17 

per la presentazione del nuovo libro di
Francesca Battistella

La stretta del lupo

A presentare questo bellissimo libro, ahimè per voi, sarò proprio io! 
Quindi se qualcuno delle zone limitrofe passa da queste parti, è caldamente invitato a partecipare.

Il libro è molto molto bello, l'autrice è simpaticissima, poi saremo all'Asilo Bianco di Ameno...insomma ci sono un sacco di cose sfiziose e carine!

Non mancate!!!




martedì 30 ottobre 2012

Il cambio armadi...pa-panico!

Oggi faccio pausa da libri e film per raccontarvi una storia quotidiana, in cui bene o male siete incappati tutti, o meglio...tutte!
Dico tutte perché so che è raro trovare un maschietto che si dedichi a tale disciplina olimpica, per cui dovrebbero premiare ogni donna con tutto l'oro del mondo: di cosa sto parlando? 
Del famigerato cambio armadi!
Onestamente non lo sopporto! Non tanto perché, come in questo caso, si saluta una stagione come l'estate, ma perché è il momento in cui ogni donna si trova faccia a faccia con il suo tallone d'achille: lo shopping.
Alzi la mano chi tra voi, care donzelle, non ha nell'armadio quella maglia che ha messo due volte e quel pantalone che tiene lì perché "Si sa mai che perdo qualche chiletto e mi va ancora bene!". Non sono brava a fare acquisti, non so fare acquisti intelligenti. Non mi piace avere il guardaroba di Paperino, grazie al cielo, e quando viene il momento di fare il cambio armadi: è panico!
Maglie che non ricordavi nemmeno di avere riaffiorano dagli abissi dei cassetti, calze che avevano perduto la gemella che si ritrovano magicamente in mezzo ad altre cose, magliette che sono scolorite, inguardabili, ma che non ce la fai a buttare e inizi a classificarle come: "cose da mettere per casa". 
Alla fine del cambio ti ritrovi con 800 cose da mettere per casa e un numero giusto di vestiti destinato a moltiplicarsi inevitabilmente nella nuova stagione, tanto lo sappiamo tutte che anche se i nostri armadi sono pieni, in periodo di saldi qualcosa lo prendiamo comunque. Solitamente poi mentre impilo le 800 cose da mettere per casa, immancabilmente inizio ad insultare le ditte che le hanno prodotte e come al solito dichiaro guerra alla Benetton. 
Ammetto che alla fine ci casco sempre, spesso compro maglie, magliette, maglioni alla Benetton, sia in negozio che all'outlet e immancabilmente mi ritrovo a dire: "19,90 euro di maglietta che mi fa un inverno? Per tanto così la prendevo da H&M a 5,90 euro!". Per non parlare poi dei trofei di guerra da cui è impossibile separarsi, che solitamente sono protagonisti di queste scenette: 
Mamma: "Buttala, non posso vedertela addosso!"
Francesca: "Ma...a me piace..."
Mamma: "Non vedi che è diventata brutta?"
Francesca: "La uso per casa..."
Mamma: "La uso per fare stracci e bom!"
Onestamente ha ragione. Con questo non voglio dire che mia mamma butta ogni cosa che diventa un tantino brutta, anzi, però sono in grado di "tenere per casa" maglie improponibili, bucate, scolorite, solo perché sono legata affettivamente. Ma si può? Peggio della coperta di Linus...
Ci sono poi gli abiti che non metto più: quelli solitamente li insacchettiamo e inseriamo nei contenitori Humana, quelli gialli per intenderci. 

Non c'è niente da fare, preferisco risistemare i libri sulla libreria, impazzire per incastrarli tutti, ma non fatemi fare il cambio armadi! 


giovedì 25 ottobre 2012

Moleskine mon amour! *.*

Ta-dan!
Che ve ne pare? Non è...adorabile? (mi sto riferendo alla "cosa" nella foto è qui sotto!)
La smetto subito, va bene, però...volevo rendevi partecipi di questo mio acquisto non libroso nè filmoso su ibs!
Una Moleskine del Piccolo Principe. Beh, forse un po' librosa lo è...ma insomma, ho deciso di acquistare questo taccuino per vari motivi:
- non avevo un taccuino Moleskine (potevo anche vivere senza!)
- la mia amica Federica mi ha fatto venir voglia di acquistarlo perché ho visto una foto della sua bellissima agenda gialla (solo in foto per ora perché la distanza non ci ha permesso di vederci dopo l'acquisto)
- è del Piccolo Principe
e ora la scusa più concreta:
- tra poco meno di un mese dovrò presentare un libro (che non ho scritto io) di cui vi parlerò prossimamente in un post dedicato. Un libro di una scrittrice della mia zona, di una casa editrice piccola, diretta da donne... ma davvero (si può dire?) con le palle, un libro ambientato in uno dei miei luoghi preferiti... tranquilli, ve lo recensirò a breve e vi darò tutti i dettagli del caso!

Insomma, ho dato fondo ai miei blocchi di appunti e non trovando un blocco che sembrasse serio-adatto per l'occasione ho deciso di optare per questo. Che ve ne pare?
Poi credo che lo userò per annotarmi appunti sui libri e altro, non è che dopo la presentazione lo butto! Per carità! Ne ho già uno foderato in iuta che è dedicato esclusivamente ad ArtInTime...e ora ho pure lui!

Chi mi segue da tempo dirà: ma non hai l'iPad, non puoi usare Evernote?
Eh ragazzi, lo so! Ma sapete che faccio fatica a vivere senza taccuini cartacei? La carta serve, è comunque più calda e accogliente di un iPad (che okay, si scalda e quindi è caldo pure lui...) ma è davvero una sensazione completamente diversa. Ho Evernote, Note, Moleskine, My Secret Diary, tutte app simpatiche e ingegnose, ma non cartacee. 
Sarò un caso umano?
Non credo!


E ora dove andiamo? di Nadine Labaki: recensione!

Terzo appuntamento nel cineforum borgomanerese, terzo foro sulla tesserina, foro questa volta più a cuor leggero rispetto all'appuntamento della settimana scorsa che era Diaz - non pulire questo sangue.
martedì sera hanno proiettato E ora dove andiamo? di Nadine Labaki. Devo essere onesta, sono partita da casa un po' demotivata riguardo questo film perché la trama su wikipedia era spaventosamente penosa.
In realtà una volta in sala mi sono resa conto che: il tizio che ha scritto la trama su Wikipedia dovrebbe essere punito. E' un film meraviglioso, costruito in modo magistrale, che riesce a portare sulla scena con il giusto equilibrio tra gravità e leggerezza una storia tutt'altro che semplice: l'eterno conflitto tra cristiani e musulmani.
In uno sperduto e desolato paesino del Libano convivono pacificamente Cristiani e Musulmani, pacificamente più o meno, perché gli uomini sono subito pronti a scattare e a cominciare una guerra di religione e allora: come tenerli impegnati? Le donne si inventano un modo, anzi, diversi modi per mantenere la pace, boicottano i giornali e la televisione, invitano ballerine ucraine e addirittura impasteranno dolcetti a base di hascisc per tenerli calmi e per non farli litigare tra loro.
I momenti drammatici di certo non mancano, ogni giorno è un piccolo dramma, un giorno in più in cui queste donne vanno a dormire nella pace, in quella loro piccola isola felice che sono disposte a difendere in ogni modo e, come detto poco sopra, con ogni mezzo.
Una storia che fa davvero pensare, che ci fa comprendere che fondamentalmente che si preghi Dio o Allah o chi altro, non ha senso farsi guerra, siamo tutti umani, tutti uguali. Un film che potrebbe essere letto in vari modi, ma che sicuramente dietro alle risate e ai divertimenti non manca di ricordare i drammi e le guerre che gli uomini si costruiscono e intessono quotidianamente, rovinando quella pace, quella quiete che a volte è così difficile da mantenere.
Le vere vincitrici qui sono le donne, mogli, madri, vedove, tutte vestite a lutto perché c'è chi ha perso un figlio, chi il marito, donne che hanno capito che quella guerra farà solo morti e nient'altro, gli uomini sono un branco di pecoroni che non hanno imparato niente dagli errori del passato e che vogliono annientare chi è diverso anche se fino a cinque minuti prima stavano bevendo con lui un caffè al bar.
La convivenza non è impossibile, bisogna solo avere il coraggio di cercarla, di costruirla e di difenderla ogni giorno. L'odio è un sentimento semplice, a distruggere si fa in fretta, ma chi costruisce, salva le vite, le relazioni, crea quella pace che è indice anche di intelligenza e di capacità a comprendere che anche se l'altro è diverso, è pur sempre uno di noi.
Un film che farei vedere nelle scuole, che farei vedere ai potenti della terra, che regalerei a ogni persona, perché tutti dovrebbero vederlo!
Qui non ci sono cristiani buoni e musulmani cattivi oppure cristiani cattivi e musulmani buoni: qui si parla di umanità, che viene prima di tutte le religioni, l'uomo e la difesa della vita devono essere alla base di ogni principio quotidiano, siate voi appartenenti a qualsiasi religione. 
Guardatelo e pensateci! 

VOTO



Il piccolo Nicolas e i suoi genitori: recensione!

Finalmente sono riuscita a vederlo! 
Il piccolo Nicolas e i suoi genitori, uscito nel 2009, diretto da Laurent Tirard, racconta la storia di Nicolas un bambino che a causa di segnali sbagliati da parte dei suoi genitori, scambia un invito a cena del capo del padre con una presunta gravidanza della madre. La fiera degli equivoci è dietro l'angolo e una passeggiata nel bosco viene letta dal bambino come un tentativo da parte dei genitori di abbandonarlo.
Ambientato negli anni 50 circa, Il piccolo Nicolas ci porta nel mondo dei bambini di quegli anni, quando ancora si giocava nelle strade, le maestre avevano la piena facoltà di sgridare i bambini che non studiavano, si facevano le visite mediche di gruppo e anche il bidello poteva decidere le punizioni. 
Il piccolo Nicolas è un film molto divertente è brillante, tratto da una serie di libri che raccontano le avventure di Nicolas, dura un'ora e mezza e vi assicuro che sono 90 minuti di risate e divertimento assicurato. Non quelle risate da cinema comico o legate a battute di cattivo gusto o gags indecenti, qui sono i bambini i protagonisti e la loro genialità e la loro fantasia vi terrà incollati al divano.
Ogni compagno di scuola di Nicolas è caratterizzato molto attentamente, c'è il secchione, il miliardario, il mangione, quello che da grande vuole fare il poliziotto, quello che da grande vuole fare il bandito, ognuno di questi bambini riesce a offrire al pubblico un'interpretazione magistrale, abilità che a volte nemmeno certi attori adulti possiedono.
Non è un filmone che segnerà la storia, probabilmente tra qualche anno non ne parlerà più nessuno, ma credetemi, se avete voglia di una commedia brillante questa fa proprio al caso vostro. 
Ho apprezzato moltissimo come il regista ha fatto lavorare i bambini, quanto ha curato la loro espressività che in alcuni momenti è davvero sublime. Si percepisce che i bambini stanno giocando lungo tutta la pellicola e nessuno di loro è mai sottotono, o stride rispetto al gruppo.
La mia scena preferita? Sicuramente quella in cui per guadagnarsi 500 franchi (il motivo non ve lo svelo) decidono di vendere ai ragazzini della loro città la pozione di Asterix e Obelix, riproponendo scene tipiche del fumetto, come ad esempio la coda di persone in attesa di bere dal paiolo della pozione.
Probabilmente, se questo film fosse stato girato in America, sarebbe una proprietà Disney, perché ricorda i film che noi, nati a cavallo tra gli anni 80 e 90, potevamo gustare nei periodi natalizi, tutti marchiati appunto Disney.
Degni di nota sono anche i titoli di testa, che sono di fatto un cartone animato, che ci portano inevitabilmente nel mondo dei bambini. 

VOTO:



Un attimo, un mattino di Sarah Rayner: recensione!

Recensire Un attimo, un mattino di Sarah Rayner è un po' difficile, soprattutto perché non mi è davvero piaciuto come libro e prevedo che questa recensione sarà parecchio concitata e piena di spoiler.

La morte di Simon alla quarta pagina del romanzo. Allora: far morire i personaggi ha senso solo se sei in un thriller, noir, poliziesco, giallo. Il problema è che questo libro parte da quello per costruire il resto, regalandoci praticamente una storia che ci parla di uno che muore e la moglie che deve accettare questa morte improvvisa, deve dirlo ai figli, organizzare il funerale il tutto in una settimana. Ora spiegami, Sarah Rayner, perché diamine devi farmi morire una persona di infarto mentre sta andando al lavoro e su quella cosa devi scriverci un libro. Cioè, scrivilo pure, ma gestisci meglio le cose!
Questa storia delle tre "amiche" è penosa! Uso le virgolette proprio perché devono essere usate! Se Tra Karen e Anna sì, c'è amicizia, ma Lou non può essere definita propriamente un'amica, è una che entra nella vita di Anna e poi in quella di Karen, a sto punto era meglio se Anna, una volta lasciato il compagno decideva di mettersi con Lou, almeno ci sarebbe stato un bel colpo di scena per uscire dall'apatia.
Per non parlare delle scene di sesso di Karen con il marito Simon che, okay, ci sta che lei ripensi al marito quando era in vita ma: solo quando avevano rapporti? Altri momenti? Si qualcosa lo accenna, ma la loro relazione era tutta chiusa nella sfera della sessualità? Sono stati insieme vent'anni solo per il sesso? Ho i miei dubbi!
Poi onestamente il personaggio di Lou è costruito davvero male: è lesbica, va bene, ma mi spieghi perché è necessario inserire una ragazza lesbica? Insomma, vuoi dire che una lesbica può essere amica di una donna anche senza pensare di provarci con lei? Qui la questione non è essere bigotti e razzisti verso gli omosessuali, ma trovo questo personaggio sprecato all'interno della narrazione.
Mi sembra che questo libro sia la fiera dei luoghi comuni e onestamente non capisco le frasi che hanno posto sulla copertina che lo definiscono il libro del secolo. E' proprio brutto! Ogni tre righe, quattro sono da eliminare! 
Cioè per carità, uno può raccontare quello che ha voglia nei romanzi, ma almeno un po' di logica. In sto libro non succede niente! E' di un piattume misto alla depressione totale che ti fa passare la voglia di leggerlo.
I personaggi cambiano, Anna lascia Steve, Lou si innamora e Karen accetta la morte del marito. Caspita, è come chiedere a un criceto di andare dal punto A al punto B quando essi sono posti all'estremo di una linea retta. 
Insomma, credo di averlo detto in tutte le salse: questo libro non mi è proprio piaciuto. Salvo solo la copertina che è stupenda ma, come per altro mi era stato anticipato, non ha niente a che vedere con il libro.

VOTO: 




mercoledì 24 ottobre 2012

Acquistai: On The Road di Jack Kerouac

Ieri giretto in libreria, da Libraccio e poi da Feltrinelli e...non resisto! Compro On The Road, ma non la versione commerciale che hanno editato ora in occasione dell'uscita del film, ho preso la versione senza la ragazzina di Twilight in copertina con una oscena tinta bionda, ho preso quella che vedete nella foto, con tanti bei saggi critici all'inizio e una bella postfazione di Fernanda Pivano. 
Ho voluto prendere questo primo perché costava uguale all'altro, secondo perché la copertina dell'altro non mi piaceva: metti che il film mi fa schifo? Onestamente non sto sentendo molte recensioni positive in merito e visto che molti mi hanno più volte detto che On The Road è un libro che ti segna la vita, che ti rimane impresso che non puoi far altro che amare... La presenza della vampiretta bionda non aiuta molto, nel senso che non promette per niente bene! Quindi credo che non guarderò questo film al cinema, anche perché dalle mie parti probabilmente non arriverà mai, ma lo guarderò poi in dvd. So di aver sviluppato un'innata forma di razzismo nei confronti di Kristen Stewart, ma obiettivamente, cari lettori, quella ragazza è espressiva quanto un cactus (nel senso che un cactus ha più espressioni di lei...).
Poi per carità, magari qui fa la performance del secolo, il che sarebbe alquanto preoccupante, ma credo che questo non capiterà. 
Detto ciò vi lascio alla trama del libro e fatemi sapere se lo avete già letto, se avete visto il film, se vi siete rifiutati...attendo info!
Grazie!

TRAMA
Dean e Sal (trasfigurazioni letterarie di Neal Cassady e Jack Kerouac) si mettono in viaggio, animati da una infinita ansia di vita e di esperienza, sulle interminabili highways dell'America e del Messico. "On the Road" ne registra le tappe, le rivelazioni, gli incontri, regalandoci una storia di grande autenticità artistica ed esistenziale. Romanzo dell'amicizia e delle difficoltà dell'amore, della ricerca di sé, del desiderio di appartenenza, narrazione dell'ansia di un andare senza fine che cancelli l'ombra della noia e quella più grande e oscura della morte, "On the Road" dà corpo a tutti i grandi miti dell'America e della civiltà occidentale.

venerdì 19 ottobre 2012

Evernote + Moleskine


Se stessi parlando con i miei amici, inizierei questo discorso con un bel: "Ne ho scoperta una nuova!". Dato che sto scrivendo sul blog, mi contengo e cerco di utilizzare espressioni meno concitate e colloquiali per dirvi cos'ho scoperto ieri.

Partiamo dai tempi antichi.
Ieri una mia amica (Federica) ha pubblicato su Facebook la foto dell'agenda che ha deciso di acquistare per il 2013: era la Moleskine edizione Piccolo Principe. Deliziosa!
Avevo già visto che Moleskine realizzava queste linee carinissime, ad esempio tempo fa c'era quella dei Peanuts, poi dal sito ho visto quella di Star Ward (ebbene sì!) e molte altre.
Ho girovagato un po' sul sito di Moleskine e ho scoperto una cosa: Moleskine e Evernote hanno realizzato insieme un taccuino. Sul subito pensavo fosse un'applicazione, dato che sull'iPad ho un'app che si chiama Moleskine e una Evernote (questa è geniale, ve la consiglio vivamente!), invece, udite udite, si tratta di un taccuino cartaceo che potete fotografare con il vostro iPad (e anche con l'iPhone) e trasportarlo così nel mondo digitale grazie a un processo che riconosce ciò che annotate. Ora, onestamente non avendolo provato non so quanto possa effettivamente funzionare, ma visti i due creatori credo sia una proposta seria. Sul sito di moleskine ci sono i video che dimostrano come funziona e a parte come scrive il tizio, chiariscono bene l'utilizzo di questi prodotti. LINK ALLA PAGINA!
Non so se sia comodo o meno, dal video alla pagina di Moleskine sembra geniale, un ottimo modo per sincronizzare carta e digitale, il sogno di noi fanatici dei taccuini.
Il problema è che onestamente la carta mi aiuta ancora in moltissime situazioni, spesso la prediligo per annotare appuntare, l'iPad viene ancora visto come un oggetto snob, costoso e da invasati della tecnologia. Non che la cosa mi provochi qualche problema, però...ogni tanto scoccia! Che poi io sia un briciolo fanatica della tecnologia, forse può anche starci, ma da qui all'essere invasata: wait, ce n'è ancora un po' di strada da fare!

Detto questo: prezzi!
Versione pocket 24,95 euro
Versione large 29.95 euro
Se costava meno, forse ci avrei fatto un pensierino. Incluso nel prezzo ci sono anche 3 mesi gratuiti di registrazione alla versione premium di Evernote. Comunque sia è costoso. 





giovedì 18 ottobre 2012

Vidi: La stretta del lupo di Francesca Battistella


E' di prossima uscita presso la casa editrice Scrittura & Scritture il nuovo libro di Francesca Battistella: La stretta del lupo.
Una storia ambientata "dalle mie parti", nel senso che il set scelto dall'autrice per raccontare la vicenda è quello di Orta e delle zone limitrofe. Un libro che si preannuncia molto interessante, protagonista della vicenda una profiler... donna!
TRAMA
Ambientato tra il Lago D’Orta e Massa Lubrense al tempo dei festeggiamenti dei 150 dell’Unità d’Italia. Estate. Tutti si apprestano a vivere la bella stagione. Teresa è alle prese con i lavori alla villa mentre Niki è immersa nei preparativi delle mostre d’arte nella sua galleria. A Massa Lubrense invece Alfredo riceve una telefonata inattesa. Il clima sereno e vacanziero viene però turbato da uno strano omicidio, che fa riaffiorare casi sapientemente insabbiati. Un assassino seriale è tornato ad uccidere sulle sponde del lago. La ricerca del S.I. richiede l’intervento di Costanza Ravizza, una delle prime profiler italiane. Costanza opera alla sua maniera, altro che profiler di Criminal Mind! avvalendosi anche di chi ha uno speciale dono nel capire l’animo umano. A complicare tutto i tormenti dell’erudito professor Barberis, la gelosia di Esterina, la bella titolare del bar ristorante di “Ai due santi”, i serpeggianti pettegolezzi su Alberto, l’affascinante medico, il passato misterioso di Claudio, raffinato intenditore di arte contemporanea. Un gustoso e vivace giallo con personaggi esilaranti e oscuri, contornato da cene frizzanti, vernissage e gare di catamarani che non farà rimpiangere i tratti sornioni e divertiti propri dell’autrice del fortunato “Re di bastoni, in piedi”.

L'AUTRICE
Francesca Battistella vive sul Lago d’Orta. Ha trascorso quattro anni a testa in giù (Nuova Zelanda) dove ha insegnato lingua italiana e storia contemporanea presso la Auckland University. Attrice di cinema d’avanguardia negli anni ’70 e ’80, ha alcune grandi passioni: i viaggi, ballare l’hip hop come Michael Jackson, leggere disperatamente e, naturalmente, scrivere. Suo il precedente e fortunato, di critica e di pubblico, Re di bastoni, in piedi selezionato nel 2011 dal TorinoFilmLab per un adattamento in sceneggiatura cinematografica.

mercoledì 17 ottobre 2012

I segnalibri di Adriana Assini

Tempo fa avevo recensito Il mercante di zucchero di Adriana Assini
Oggi mi è arrivata via posta una piacevole sorpresa: Adriana è una pittrice, un'artista a 360° e mi ha voluto regalare i segnalibri realizzati con immagini delle sue opere. Sono meravigliosi!
Bellissimi da guardare, un vero piacere per gli occhi.
Sono talmente belli che mi risulterà molto difficile utilizzarli, viene voglia di fare un quadro! Sono un'esplosione di colori, forme e soggetti emozionanti, un'idea geniale che ho apprezzato davvero molto, sono come un biglietto da visita della stessa autrice che dice: io non sono solo una scrittrice, io sono anche una pittrice. Eccovi le foto, i colori (è inutile dirlo) sono molto più belli dal vivo, ma non potendoveli mostrare, dovrete accontentarvi, oppure potete acquistare un suo libro e ne riceverete uno in omaggio!
Insieme ai segnalibri mi è stato inviato un catalogo con le sue opere...anche queste sono stupende!
E' da più di un'ora che li ho e continuo a guardarli, sfogliarli, riguardarli...bellissimi davvero! Non posso far altro che ringraziarla di questo dono molto, molto gradito!



Diaz - Non pulire questo sangue: recensione!

Secondo appuntamento al cineforum e primo ostacolo nella recensione. Ostacolo non cinematografico ma diciamo sociologico (se così si può dire).
Diaz - Non pulire questo sangue  di Daniele Vicari è un film a dir poco sconvolgente. Sapevo che questa volta al cineforum non avrei visto una commediola divertente, ma non avrei mai immaginato di vedere quello che ho visto. Il problema è che Diaz non è il frutto di una mente diabolica che ha voluto scrivere una sceneggiatura iper violenta per accattivarsi lo spettatore, Diaz è il frutto degli atti processuali riguardo la tragedia della scuola Diaz, avvenuta durante il G8 di Genova. Recensire questo film mi fa un po' paura, per questo voglio fare una piccola premessa: non è mia intenzione parteggiare per nessuno in questo film, voglio semplicemente cercare di spiegarvi ciò che ho visto senza dire giusto o sbagliato. Proprio per evitare equivoci o quant'altro eccovi la sinossi.

SINOSSI
Luca (Elio Germano) è un giornalista della Gazzetta di Bologna. 
È il 20 luglio 2001, l’attenzione della stampa è catalizzata dagli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine durante il vertice G8 di Genova.

In redazione arriva la notizia della morte di Carlo Giuliani. Luca decide di partire per Genova, vuole vedere di persona cosa sta succedendo.

Alma (Jennifer Ulrich) è un’anarchica tedesca che ha partecipato agli scontri. Sconvolta dalle violenze cui ha assistito, decide di occuparsi delle persone disperse insieme a Marco (Davide Iacopini), un organizzatore del Genoa Social Forum, e Franci, una giovane avvocato del Genoa Legal forum. Nick (Fabrizio Rongione) è un manager che si interessa di economia solidale, arrivato a Genova per seguire il seminario dell’economista Susan George.

Anselmo (Renato Scarpa) è un vecchio militante della CGIL e con i suoi compagni pensionati ha preso parte ai cortei contro il G8. Etienne (Ralph Amoussou) e Cecile sono due anarchici francesi protagonisti delle devastazioni di quei giorni. Bea e Ralf sono di passaggio e hanno deciso di riposarsi alla Diaz prima di partire.

Max (Claudio Santamaria), vicequestore aggiunto del primo reparto mobile di Roma, comanda il VII nucleo e non vede l’ora di tornare a casa da sua moglie e sua figlia.
Luca, Alma, Nick, Anselmo, Etienne, Marco e centinaia di altre persone incrociano i loro destini la notte del 21 luglio 2001.
Poco prima della mezzanotte centinaia di poliziotti irrompono nel complesso scolastico Diaz-Pascoli, sede del Genoa Social Forum adibita per l’occasione a dormitorio. In testa c’è il VII nucleo comandato da Max, seguono gli agenti della Digos e della mobile, mentre i carabinieri cinturano l’isolato. È un massacro in piena regola.

Quando Max dà ordine ai suoi di fermarsi, è tardi. 93 persone presenti nella scuola, oltre ad essere in arresto, hanno subìto una violenza inaudita senza aver opposto alcuna resistenza.

Luca e Anselmo finiscono in ospedale, Alma dopo essere stata medicata viene condotta alla caserma di Bolzaneto. All’alba Etienne e i suoi amici escono dal bar dove si sono rifugiati durante la notte. Tutto è silenzio, deserto. Si fanno strada verso la Diaz, ma una volta dentro trovano solo sangue e distruzione.

Anche Marco non si trovava alla Diaz durante l’incursione. Ha passato la notte con Maria, una ragazza spagnola conosciuta in quei giorni. Quando la mattina, in una Genova devastata e irreale, raggiunge la scuola, la luce del sole mette ancor più in evidenza le proporzioni del massacro. Sconvolto raggiunge il suo ufficio, squilla il telefono: è la madre di Alma. 

Marco non sa cosa sia successo alla ragazza ma promette che farà di tutto per trovarla. A Bolzaneto, per Alma e decine di altri ragazzi, l’incubo non è ancora finito.

La storia la conoscono tutti, in quel G8 gli scontri furono numerosi e così anche il numero dei feriti e ci furono anche diversi morti. 
Raccontare una vicenda di questo genere che vede protagonisti: caschi blu, ragazzi dei centri sociali e non, black block è rischioso perché basta un niente per dare del "completamente cattivo" a un gruppo di persone.
Il messaggio primario che passa da un film del genere è sicuramente che i caschi blu che hanno fatto la carneficina della Diaz erano persone poco logiche e sensate, comandate da gente che non aveva compreso quello che avrebbero potuto fare i caschi blu, gente disposta a confutare le prove piuttosto che ammettere che in quella scuola se c'erano black block erano solo una minoranza. L'accanimento che essi dimostrano sembra quasi un modo per dare sfogo alla rabbia repressa, al nervosismo accumulato in quei giorni che furono sicuramente molto duri e stancanti non solo a livello fisico e psicologico. Con questo l'assalto alla Scuola Diaz è imperdonabile, vediamo scene sconvolgenti con picchi di atrocità che rasentano la follia umana, non vi nego che in alcuni punti mi sono domandata se fossero SS o cosa questi caschi blu. Corpi umani trattati come bestie, ammassati, trucidati, torturati, addirittura uno prende taglia un rasta a una ragazza come se fosse il trofeo di guerra, lo scalpo, roba da Far West, da Sentieri Selvaggi, altro che Genova centro!
E' evidente però che il problema dei Black Block è pienamente percepito dai giovani genovesi che gestiscono l'evento e si occupano di smistare i ragazzi tra le varie scuole, questi sono un pericolo per chi vuole manifestare in modo pacifico ed effettivamente la loro presenza sarà proprio una delle cause primarie dell'assalto alla Diaz. 
Il problema è che per cercare i Black Block sono state massacrate un sacco di persone, è stato versato molto sangue inutile, alla Diaz c'erano pacifisti, giornalisti, persone perbene che mai avrebbero lanciato molotov contro la polizia, eppure si è scelto di fare piazza pulita senza pensarci due troppo. Non ci si scaglia in questo modo contro le persone! Non sono bestie! Dov'è il rispetto? Dov'è la democrazia? Dov'è la civiltà?
Credo che le parole giuste per descrivere quanto visto siano quelle pronunciate da Anselmo: "Avete fatto una cazzata!".

So già che qualche ben pensante alzerà la manina gioioso e dirà: "E' pur sempre un film, quindi avranno caricato le scene violente." Beh, carissimo ben pensante, prova a cercare qualche reportage sulla scuola Diaz, ne trovi molti su internet e guarda quelle foto... parlano! Eccome se parlano!

Vi lascio con queste parole di Amnesty International, sperando che fatti come questi non accadano più.

"La più grave sospensione 
dei diritti democratici in un paese occidentale 
dopo la Seconda guerra mondiale."



lunedì 15 ottobre 2012

Vidi: Riflessi di Morte di Neal Baer e Jonathan Greene


Ho visto questo libro sulla Fanpage di Tre60 e dopo aver letto che gli autori sono gli stessi della serie Tv Law and Order mi sono incuriosita molto e mi sono detta: devo leggerlo.
Sono davvero molto curiosa, inoltre ho scoperto che presto uscirà il film!! 
Sinceramente sono anche molto affascinata dalla copertina che promette un thriller davvero...con i fiocchi (o gli schizzi di sangue? Scusate la battuta tragica!)


TRAMA

Il senso di colpa è una ferita che non si rimargina. Quando era bambina, Claire ha assistito – impotente – al rapimento della sua migliore amica. E, da quel giorno, ha giurato a se stessa di dedicare la sua esistenza allo studio del Male: per riconoscerlo, per fermarlo, per sconfiggerlo… La dottoressa Claire Waters è al settimo cielo: dopo una durissima selezione, è riuscita a entrare in un programma riservato ai migliori psichiatri forensi del Paese. E adesso deve affrontare il suo primo paziente: Todd Quimby, detenuto in un carcere di massima sicurezza con l’accusa di violenza sessuale. Secondo Claire, tuttavia, quell’uomo non è un pericolo per la società, e può essere liberato sulla parola per iniziare la terapia psichiatrica. Nemmeno ventiquattro ore dopo la scarcerazione, però, Claire apprende una notizia agghiacciante: la polizia ha trovato il cadavere di una giovane donna. E gli indizi raccolti sul luogo del delitto riconducono proprio a Quimby, che nel frattempo è sparito nel nulla. Sconvolta, la psichiatra non può accettare il fatto di essere la causa della morte di un’innocente. Di un’altra innocente. E, pur di rimediare all’errore commesso, è disposta a mettersi in gioco e a rischiare tutto: la sua carriera, il suo futuro e, forse, la sua stessa vita. Ma Claire non può immaginare che, nell’ombra, qualcuno segue ogni suo passo e controlla ogni sua mossa. Perché lei è soltanto una pedina in un piano perfetto…

domenica 14 ottobre 2012

Acquisti librosi in una domenica uggiosa

L'autunno è ormai arrivato, il cielo si è tinto di grigio e la nebbia inizia a invadere le pianure del novarese, le varie pro-loco si organizzano per le castagnate e i primi cercatori di funghi iniziano a sondare i boschi in cerca di prelibatezze. Il fuoco scoppietta nel camino e i gelati lasciano il posto a merende a base di the caldo e cioccolata, biscotti appena sfornati e prelibatezze (tranne per chi è a dieta...).
In questo clima così romantico e poetico, a tratti decadente, ma intriso di mistero...viene voglia di avere sempre a disposizione una copertina calda, un divano e un buon libro.
Dopo questo incipit della serie: catturiamo l'attenzione del lettore per poi andare a parlare di tutt'altro, direi che posso abbandonare la mia vena poetica, o pseudo tale, del giorno per dirvi effettivamente quello che voglio dire (scusate la ripetizione). 
Insomma, in una giornata tipicamente autunnale sono andata alla ricerca di un libro uscito qualche giorno fa...questa mattina ho fatto un salto all'Ipercoop in missione: La Stampa + ricarica del cellulare + Libro di Paolo Giordano. Non riuscivo ad attendere oltre, ho unito l'utile al dilettevole (con utile mi riferisco a La Stampa) e sono andata a fare acquisti. 
Vi dico la sincera verità, spendere 19 euro per un libro non mi andava molto giù...onestamente sono parecchi soldi! In ebook costa 9.90 che a parere mio è sempre tanto (sono un po' tirchia, lo so!). Ho scelto quindi di acquistarlo al supermercato proprio per avere lo sconto del 15%, che non è molto, ma è pur sempre qualcosa. Ora, so già che i veri bibliofili non acquisterebbero mai un libro alla Coop, ma cari giovani qui da me non c'è Feltrinelli, dove avrei sicuramente trovato il 15% visto che è appena uscito, ci sarebbe ad Arona, ma quello che risparmiavo per il libro lo spendevo in benzina e quindi...mi sono detta: Coop e Coop sia.
Recuperato il nuovo libro di Paolo Giordano, ho preso una copia de La Stampa e poi mi sono messa in coda alla cassa: panico! C'era un sacco di gente! Durante l'attesa mi sono ritrovata a chiacchierare con il signore davanti a me che tra una cosa e l'altra, dal "La politica di Esselunga per le casse è migliore di quella di Coop" e un "Bennet è quella messa peggio per la questione casse!", nel momento in cui ho appoggiato il libro sul nastro trasportatore mi ha subito chiesto: "Com'è questo libro? Me lo consiglia?"
Sul subito mi è venuto da ridere...consigliare un libro a scatola chiusa, non mi sembra sia molto sensato. Allora gli ho spiegato che avevo letto il primo libro di Paolo Giordano, che è stato amato e odiato dalla critica e bla bla bla vari. A un certo punto volevo dirgli: "Senta, se proprio vuole vada tra un mese sul mio blog, spero di averlo letto e recensito, così si fa un'idea!" però vabbè, mi sono trattenuta.
Ma, incontri ravvicinati del terzo tipo a parte: posso spendere due parole sulla grafica del libro?

Carissima Mondadori,
bella la collezione Insula Cima, veramente fantastica, carta opaca, carta riciclata...ma avrei qualche noticina. E' vero che siamo nell'era degli ebook, ma non trovi che questo libro sembri una specie di vocabolario della lingua italiana?
E' un tantino gigante! Scritto pure gigante, con una grafica ottimizzata per sprecare spazio. La cosa non mi convince granché onestamente! Se devo viaggiare, questo libro ha bisogno del trasporto eccezionale! 
Spendo anche due parole sulla copertina. Tendente al nero davanti e dietro verde. Sovrapponendo i libri (cosa che avviene perché sia nel trasporto che nell'esposizione sono posti uno sopra l'altro) va a finire che la copertina nera macchi inevitabilmente quella verde dando al retro del libro un simpatico effetto "zozzo", che onestamente non mi piace granché
Il nero poi rovina la foto della copertina e non si vede lo stacco tra il basco indossato dal ragazzo e lo sfondo: un vero peccato!
Bellissimo il verde, è lo stesso colore che ho scelto per dipingere la mia stanza, credo sia anche un colore amato dallo scrittore dato che La solitudine dei numeri primi era verde oliva. Ora siamo passati al verde mela, ma mi piacerebbe davvero domandare a Giordano se sia volontaria o meno la scelta. Okay, questa è una sciocchezza, ma fa pensare!
A parte queste piccolezze, che comunque incidono molto sulla scelta del libro, soprattutto se uno non è un lettore accanito, non vedo l'ora di leggerlo perché mi attendo davvero molto da Paolo Giordano

Spero di poterlo recensire presto!

Alla prossima!

Cena tra amici di Alexandre de La Patèlliere: recensione!

Essendo tornata ad essere borgomanerese (a tempo tutt'ora indeterminato, nel senso che fino alla laurea sono qui e poi si vedrà) ho deciso di dedicarmi alle attività culturali proposte nella zona. Non che ci sia l'offerta che trovavo a Torino, di Circolo dei Lettori ahimè ce ne è solo uno e anche il Cinema Massimo è difficile da esportare. Ma a Borgomanero ogni anno viene proposto il cineforum e quest'anno mi sono iscritta. Per quanto possibile cercherò di recensire tutti i film scelti, a dire il vero alcuni li ho già visti, ma rivederli non fa mai male.


Cominciamo subito questa avventura con il primo film: Cena tra amici (Le prénom) di Alexandre de La Patèlliere.
Paragonato a Carnage e alla Cena dei cretini, per via della struttura che vede appunto un gruppo di amici che si riuniscono per cena, questo film non è una di quelle commediole francesi tutte amour, amour, Paris et mon amour. Parigi c'è, l'amore anche, ma sono ingredienti gestiti e serviti in modo differente. Tutto ha inizio con una bugia, un pretesto per aprire una discussione. Vincent, affascinante agente immobiliare (che è anche la voce narrante del film) dice di voler dare un nome X al figlio che sta per nascere. Non ve lo rivelo, perché nel trailer stesso non viene mai detto. Il nome è talmente impensabile e improponibile, da scatenare le ire del cognato Pierre che indignato prova in tutti i modi a dissuaderlo. Questa bugia darà il via a una serie di altre discussioni che arriveranno a rompere l'equilibrio della famiglia, fino a rivelazioni imbarazzanti e davvero inattese. Un film divertente costruito con un'ironia sottile e a tratti filosofica, ma senza troppe pretese; i personaggi sono attentamente caratterizzati e il modo in cui si muovono nello spazio segue la narrazione e preannuncia momenti di rappacificamento a momenti di guerra totale. Salotto, cucina, sala da pranzo, sono questi gli spazi abitati dai personaggi, c'è chi li vive tutti come Elizabeth e il marito Pierre, mentre agli ospiti è concesso di sostare solo in alcuni. 
Onestamente non saprei dire se la scelta dei luoghi e delle discussioni sia casuale oppure posta in relazione alle stanze in cui si muovono. Di certo l'atrio è il momento dell'accoglienza, poi nel salotto abbiamo l'aperitivo e il post cena, nella sala da pranzo si consuma il pasto. Le discussioni avvengono in tutte le stanze, iniziano in salotto, proseguono nella sala da pranzo, alcune nascono nella sala da pranzo e altre proseguono in salotto in un crescendo di insulti e di rivelazioni.

Sono molto contenta di aver cominciato così il cineforum di quest'anno, Cena tra amici è stato un film davvero piacevole da vedere e che la sala ha apprezzato davvero molto.
Onestamente non sono una grande estimatrice dei film francesi, ma questo mi ha davvero colpito piacevolmente e ora, sotto con il prossimo film che sarà: Diaz - Non pulire questo sangue di Daniele Vicari

Alla prossima recensione! 

P.S. Nella foto vedete il retro della tesserina del cineforum, con l'elenco dei film e la tabellina delle spunte. Spero di riuscire a vederli tutti e soprattutto spero di riuscire a recensirveli sempre!

sabato 13 ottobre 2012

Finché le stelle saranno in cielo di Kristin Harmel: recensione!

Ero molto scettica riguardo questo romanzo. Temevo che, a causa dell'immane campagna pubblicitaria, fosse l'ennesima boiata da leggere solo ed esclusivamente sotto l'ombrellone, o comunque sia da prendere come lettura poco impegnata e rilassante.
Dalla trama avevo capito che le carte messe in gioco però sembravano promettere ben altro da quello che mi aspettavo e ora, a lettura terminata, posso dirvi con certezza che questo è davvero un libro da leggere!
La storia ci racconta di Hope, una donna di 35 anni, madre di Annie, figlia di Josephine e nipote di Rose, separata da un uomo che sembra averle tolto i sogni e le speranze per il futuro. Finchè le stelle saranno in cielo racconta proprio l'immobilità apparente di Hope che si sente costretta a gestire la pasticceria di Cape Cod, un tempo di proprietà della nonna Rose, poiché quest'ultima, affetta da Alzheimer è ora in cura in una clinica. 
Rose però nasconde un passato che sembra non voler condividere con nessuno, però i ricordi stanno tornando a galla e prima di morire decide di comunicare alla nipote una lista di nomi: i suoi famigliari. Lei da giovane abitava a Parigi ed era scappata durante la guerra.
Comincia così un viaggio in cui Hope riscopre il suo passato, ripercorre la vita dei suoi famigliari, un viaggio che la porterà nella Parigi del 1942, nei rastrellamenti fatti dai Nazisti, conoscerà da vicino l'Olocausto e le sue vittime, i pochi sopravvissuti e come essi hanno scelto di testimoniare. Attraverso la voce di Hope e quella di Rose conosceremo la storia di una famiglia, del suo passato che è stato e non potrà essere cancellato.
Non voglio dilungarmi troppo sulla trama, perché potrei scendere troppo nel dettaglio e rivelarvi cose che è meglio scoprire da soli in fase di lettura.
Ho trovato questo libro davvero meraviglioso, ben scritto, ben costruito, l'autrice stessa ha dedicato molto tempo alla ricerca e allo studio della storia dell'Olocausto, regalando testimonianze molto toccanti, che inevitabilmente, se siete sensibili, vi faranno scappare qualche lacrimuccia.
Quest'estate ho visitato i campi di Auschwitz e Birkenau e credo che leggere un libro sull'olocausto dopo essere stata in questi posti sia ulteriormente scioccante. Penso che nessuno potrà mai rendere a parole l'orrore e la follia dei campi di sterminio, solo vedendoli con i propri occhi, camminando su quei terreni polverosi, entrando nelle baracche ci si rende conto di quello che poteva essere. In realtà credo che sia inimmaginabile, impensabile quanto potesse essere forte l'odio contro una razza, contro una religione.
E' molto bello nel libro il dialogo inter religioso che viene raccontato tra musulmani, ebrei e cristiani, tre religioni del ceppo di abramitico, più volte l'autrice sottolinea l'unione di queste tre religioni che oggi fanno ancora fatica a dialogare.
Vi assicuro che superate le prime 150 pagine sentirete l'esigenza di sapere come andrà a finire e avrete molti problemi a staccarvi! 
Oltre alla questione storica, è centrale il tema dell'amore, amore tra uomo e donna, ma amore anche verso i famigliari, i fratelli, le sorelle, i figli. Un amore spesso difficile da manifestare e che la protagonista Hope spera di essere in grado di trasmettere alla figlia Annie, adolescente piuttosto ribelle, amore che in alcuni periodi storici sembrava essere l'unica isola di salvezza, l'unica cosa che portava avanti la speranza.
Bellissima l'idea di inserire le ricette dei dolci della pasticceria di Rose e Hope, che potete tranquillamente provare a rifare. 

Consiglio la lettura di questo libro a tutte le persone che vogliono conoscere sempre qualcosa di più sull'Olocausto, a tutti quelli che hanno voglia di una lettura che faccia riflettere, ma scritta in modo scorrevole, a tutti quelli che hanno un forte senso della famiglia e sono attaccati ai propri fratelli, alle sorelle e ai genitori. Se poi credete nell'amore, quello vero, quello che scocca come un colpo di fulmine e vi segna per la vita...allora dovete leggere Finché le stelle saranno in cielo. Perché questo amore, come insegna la protagonista, se è vero, durerà proprio fino a quando le stelle saranno in cielo. 


VOTO

Nota al voto: sarebbero quattro calamai e mezzo, non cinque pieno. 



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